Lezione 2 - La Rivoluzione Scientifica e la nuova astronomia.

 Classi 4° A/B/C Linguistico - Lez. 2

La rivoluzione scientifica: Introduzione.

La rivoluzione scientifica è il risultato di un processo di ridefinizione del sapere che scaturisce dall'intricato e complesso coacervo di idee che maturano in seno alla filosofia rinascimentale.

Tale processo prende l'avvio da tutta una serie di trasformazioni politiche ed economiche che, partendo dal sorgere del Comune e dell'economia cittadina, giunge allo sviluppo dell'industria e della manifattura, costruendo le basi di quell'economia capitalista che vedrà sorgere la moderna borghesia. Grazie sopratutto all'affermarsi di nuove dottrine, come ad esempio quella luterana e calvinista, che esaltano l'intraprendenza dell'uomo e la sua libera iniziativa, la nuova mentalità si afferma all'interno di ogni ramo dell'attività e del pensiero dell'uomo, portando a compimento quell'idea di homo faber e di centralità di esso all'interno dell'universo, cioè di copula mundi, che i filosofi umanisti e rinascimentali avevano teorizzato allo scopo di sottolineare la missione dell'uomo di rendere la natura e la realtà quotidiana maggiormente comprensibili e razionali, e quindi rendendo l'uomo stesso l'unico artefice in grado di dotare di senso e di scopo la propria realtà politicasociale e culturale.

Le esigenze che spingono verso la concezione di un nuovo sapere, che abbia caratteri diversi e peculiari rispetto a quello tradizionale, sono diverse:


- le nuove esigenze richieste dall'economia moderna che richiede un sapere pratico, in grado di adattarsi meglio ai nuovi processi produttivi in atto, basato maggiormente sulla tecnologia e sulle sue applicazioni, piuttosto che su un sapere astratto e dottrinario come quello elaborato dagli intellettuali tradizionali: si rende necessaria una scienza che, non più semplice appannaggio di pochi individui che si nascondono all'interno di università e di accademie, abbia lo scopo pratico ed immediato di migliorare concretamente la vita dell'uomo;


- la necessità, da più parti avvertita, che il «sapere delle botteghe», cioè l'insieme di conoscenze pratiche legate all'esercizio delle diverse professioni che, dal Quattrocento in poi, era stato trasmesso da una generazione di lavoranti ad un'altra attraverso le Arti e le Corporazioni, non venisse perso o ignorato, ma inserito all'interno di un sapere più vasto e meno settoriale, non più considerato quale sapere inferiore, o téchne, ma come una vera e propria forma di cultura valida e specialistica. All'interno di tali botteghe, infatti, venivano scoperte e attuate nuove tecniche che interessavano non soltanto le singole arti, ma le varie articolazioni della produzione: da quella della lavorazione dei tessuti, alle tecniche di lavorazione dei metalli, dalla tintura dei capi, all'incisione dei gioielli e così via;


- gli sforzi congiunti di alchimisti e «cosiddetti» maghi che, lungi dall'ostacolare la nascita di un nuovo sapere scientifico, lo auspicano e lo preparano, intravedendo nella natura diversi fenomeni degni di studio e di approfondimento, nel tentativo di esercitare su di essa un controllo attivo e consapevole che solo un sapere scientifico poteva garantire. Non più quindi l'atteggiamento di timore e reverenza nei confronti della natura quale opera di Dio, e a lui solo accessibile, tipico dell'uomo medievale, bensì la consapevolezza che l'uomo, conoscendo meglio la natura, possa modificarla a proprio piacimento e secondo le proprie necessità, confidando sul fatto che essa funziona sulla base di principi razionali prevedibili e comprensibili dall'uomo;


- la diffusione stessa e l'influenza della scuola neoplatonica che, sottolineando la razionalità del mondo e la sua struttura matematica, invita l'uomo ad indagare tale struttura, il cui funzionamento stabile e costante, garantisce all'uomo una conoscenza oggettiva ed universale, non basata sulla fede cieca, ma sull'osservazione, la misurazione rigorosa e l'esperienza: non sarà un caso che filosofi e scienziati come Copernico e Galilei, raccogliendo tale monito, si rifacciano liberamente e in modo esplicito al neoplatonismo e a un metodo fondato sulle relazioni matematiche dei fenomeni naturali.


Il nuovo sapere scientifico e il problema del metodo.


La nuova scienza rappresenta una rottura netta rispetto al sapere tradizionale: essa afferma un rigido meccanicismo rispetto al sapere tradizionale, che interpretava ogni aspetto della realtà in termini finalistici, come la filosofia greca e cristiana.

In ambito sociale, tale sapere afferma due principi importanti ed innovativi


- la finalità pratica del sapere che ha come compito precipuo quello di migliorare la vita umana;


il carattere cumulativo e collaborativo della ricerca scientifica, che deve stabilire i metodi e i criteri affinché il sapere sia comunicabile e possa essere elaborato mediante l'attività congiunta di studiosi di diversi paesi. L'aspetto centrale della nuova scienza è costituito dal metodo di ricerca che viene completamente ridefinito rispetto alla filosofia precedente.


La nuova scienza, quindi, non costituisce semplicemente un approfondimento e un'estensione della conoscenza, ma implica una profonda ridefinizione del paradigma, cioè del modello generale di tale sapere, evidenziando gli elementi di rottura rispetto al sapere tradizionale:


- il sapere tradizionale presenta caratteri ben precisi e determinati che rendono possibile la sua identificazione:


  1. il finalismo;
  2. la scienza teorica;
  3. il disprezzo per le arti meccaniche;
  4. un sapere posseduto da pochi;
  5. le determinazioni qualitative;


Quindi, con l'avvento del nuovo sapere, non cambiano soltanto il metodo e gli strumenti per acquisire nuove conoscenze, ma muta anche la visione del mondo e, sopratutto, dell'uomo e del suo ruolo nell'universo, si viene così a creare una nuova «visione del mondo».


- il nuovo sapere, al contrario, si caratterizza per diversi aspetti che delineano una nuova concezione del conoscere dell'uomo:


il meccanicismo;

la scienza al servizio della pratica;

la valorizzazione delle arti meccaniche;

il sapere cumulativo e collaborativo;

le determinazioni quantitative.


Esaminando i singoli aspetti che differenziano il sapere tradizionale da quello scientifico, il primo di tali fattori è rappresentato dal meccanicismo che, come si è visto precedentemente, si contrappone al finalismo di filosofi tradizionali, come Platone ed Aristotele, e al cristianesimo medievaleil nuovo sapere afferma che le uniche spiegazioni possibili in ambito scientifico sono di tipo meccanico e su ciò converge sia il pensiero di filosofi come Cartesio e Spinoza, sia di scienziati come Galilei e Newton

Rispetto alle caratteristiche di scienza teorica del sapere tradizionale, il nuovo sapere si configura come un sapere nettamente applicato e pratico, sia per tutte le motivazioni già menzionate in precedenza, sia perché fortemente legato alle arti meccaniche: rispetto alla ripartizione presentata dalla cultura medievale tra sapere inteso come sganciato totalmente da finalità pratiche, le cosiddette arti liberali, e le arti meccaniche, considerate come servili, ora, a partire dal Rinascimento, la conoscenza si lega strettamente all'applicazione pratica: un esempio di ciò lo si trova nella figura di Leonardo da Vinci, dove i suoi studi sono peculiarmente finalizzati alla costruzione di macchine di vario tipo. Ma è soprattutto con l'affermarsi della nuova scienza, sopratutto con Bacone, che la tecnologia diventa una delle finalità principali della ricerca. Inoltre la scienza del Seicento adotta e definisce il metodo sperimentale che ha bisogno della tecnica per poter costruire esperimenti in cui le variabili possano essere misurate con precisione.

Un altro aspetto caratterizzante del nuovo sapere scientifico è la nascita di nuovi centri di ricerca e di sapere che non trovano posto all'interno delle università tradizionali, ancora sotto l'influsso e il controllo diretto della Chiesa e dominate dalla teologia e dalla filosofia scolastica.

Nel corso del Seicento sorgono però nuovi centri della ricerca e del sapere, appoggiati e finanziati da associazioni o dalle stesse monarchie nazionali e fortemente voluti dalla nuova classe borghese, perché il nuovo sapere si traduce in conoscenze e in tecnologie direttamente applicabili all'economia mercantile e manifatturiera.

Con le accademie la ricerca scientifica diventa pubblica, nel senso che si alimenta del dibattito fra studiosi, anche di paesi diversiil nuovo modello di sapere si caratterizza non solo per il metodo, ma anche per la ricerca collaborativa e cumulativa.

Tale possibilità di ricerca comune si fonda sulle caratteristiche principali del nuovo metodo: l'uso della matematica e la quantificazione dei fenomeni studiati. Se Bacone considera infatti la matematica soltanto come uno dei tanti settori della conoscenza, per Galilei essa costituisce, invece, il linguaggio stesso dell'universo e lo strumento fondamentale di ogni ricerca. La matematica diviene così l'unico strumento valido in grado di offrire un fondamento oggettivo allo studio della natura.

Tra il Cinquecento e il Seicento alcuni scienziati come Copernico, astronomo polacco e sostenitore dell'eliocentrismo, e Keplero, che scopre le tre leggi che regolano il movimento dei pianeti, sono alla base di una rivoluzione che investe i fondamenti del nascente metodo scientifico, mettendo in crisi le tradizionali credenze professate dalla Chiesa, come nel caso della teoria geocentrica.

Il filosofo inglese Bacone propone l'adozione di un metodo induttivo, basato sull'esperienza, per indagare la realtà, e la natura con essa, secondo modalità razionali. Tale metodo, però, non riesce a differenziarsi totalmente dal metodo conoscitivo tradizionale di derivazione aristotelica.

Galilei, invece, matematico e filosofo, riesce definitivamente a mettere in crisi la cosmologia tradizionale, ricorrendo a strumenti matematici e all'uso del cannocchiale, dimostrando così l'inesistenza del dualismo tra mondo lunare e mondo sublunare.

Questo processo di innovazione del metodo conoscitivo sarà ulteriormente perfezionato dal filosofo e scienziato inglese Isaac Newton, scopritore della legge di gravitazione universale e delle tre leggi della dinamica. Grazie all'apporto congiunto di questi e altri studiosi, la scienza e il suo nuovo modo di indagare la realtà si imporranno rispetto al sapere tradizionale, modificando radicalmente le strategie conoscitive e gli strumenti di indagine della realtà e aprendo così nuovi scenari di esplorazione e di costruzione del sapere all'interno di ogni ambito conoscitivo.

La rivoluzione astronomica.


La rivoluzione astronomica rappresenta una vera e propria svolta nella visione del mondo testimoniata, prima ancora che dagli astronomi, dai filosofi che traggono da essa una serie di conseguenze di carattere metafisico e ontologico.

L'affermarsi di tale rivoluzione rappresenta il superamento di un modello consolidato da quasi due millenni, ma anche la critica al principio di autorità in nome della ricerca e dell'osservazione diretta, così come l'affermazione del ruolo centrale dell'uomo e della sua capacità di conoscere direttamente il mondo.

Dal punto di vista tecnico, il sistema aristotelico-tolemaico rappresentava un sistema di conoscenze molto coeso e coerente e il nuovo sapere, affinché possa affermarsi, dovrà demolire tale modello conoscitivo, prima di potersi imporre.

Il modello tradizionale si adattava bene alle esigenze del senso comune, dato che il movimento del sole e degli altri corpi celesti nel cielo, intorno alla terra, rappresenta un'esperienza quotidiana che si avvicina anche alla percezione dell'uomo comune.

La nuova scienza riuscirà quindi ad affermarsi contro la stessa esperienza quotidiana.


Copernico.


La rivoluzione astronomica si sviluppa parallelamente alle teorie filosofiche che stanno ridisegnando l'immagine dell'universo, da Cusano a Bruno, sino al naturalismo rinascimentale, caratterizzandosi quale movimento autonomo e indipendente di cui Copernico (1473/1543) e la sua opera rappresentano uno degli aspetti più rappresentativi e peculiari.

Copernico presenta la sua nuova concezione eliocentrica nell'opera intitolata «De revolutionibus orbium caelestium», Delle rivoluzioni dei mondi celesti, pubblicata nel 1543, poco prima della sua morte. 

Copernico in essa sostiene l'ipotesi eliocentrica, riprendendo il pensiero di alcuni studiosi antichi, in particolare facendo esplicito riferimento ai pitagorici e ad Aristarco di Samo, sviluppando tale ipotesi, sopratutto sul piano matematico, allo scopo di dimostrare che essa consente la semplificazione dei calcoli astronomici.

Nella Prefazione all'opera, scritta dal teologo protestante Andreas Osiander, ma non da lui firmata, sottolinea l'aspetto matematico della teoria eliocentrica, affermando che l'ipotesi presentata non ha alcuna pretesa di essere una descrizione dell'intero universo, ma un'ipotesi matematica, appunto, di spiegazione dello stesso e del suo probabile funzionamento.

Allo scopo di rendere la propria teoria coerente con l'osservazione empiricaCopernico ipotizza il movimento di rotazione terrestre, nonché il suo moto di rivoluzione.

L'aspetto fortemente innovativo della teoria copernicana è quello di prospettare per la prima volta un sistema del mondo alternativo rispetto a quello tolemaico-aristotelico, staccandosi da una concezione che era rimasta immutata per millenni dall'antichità, pur conservandone invariati alcuni aspetti. Copernico, infatti, pur affermando che il sole occupa la posizione centrale all'interno dell'universo, sottolinea come l'universo sia finito e limitato, chiuso all'interno della sfera delle stelle fisse: per lui i corpi celesti sarebbero sostenuti da sfere cristalline, che disegnerebbero orbite perfettamente circolari. Allo scopo di spiegare il loro moto apparente anche Copernico ricorre agli epicicli, agli eccentrici e ai deferenti, tutti concetti introdotti dagli astronomi in età ellenistica per spiegare il moto apparente dei corpi celesti, allo scopo di ricondurre il moto dei corpi celesti a una combinazione di moti circolari.

Oltre al geocentrismo, Copernico mette in discussione un altro aspetto del sistema cosmologico tradizionale: la distinzione aristotelica tra mondo sublunare e mondo celeste.

Copernico, infatti, sostiene l'omogeneità dell'universo, che risulta regolato dalle stesse leggi in ogni suo punto e composto dagli stessi elementi, demolendo così il dualismo aristotelico, basato sull'esistenza di un quinto elemento perfettol'etere, e di un mondo celeste, in cui il movimento poteva essere solo circolare e perfetto:  l'esistenza quindi del mondo celeste in cui era assente ogni forma di divenire e ogni altro elemento naturale che non fosse l'etere, così come assenti erano gli altri tipi di movimento, eccezion fatta per quello locale perfetto, risultava quindi da Copernico negata.

Copernico, però, per dimostrare valida la propria teoria, doveva necessariamente affrontare il problema del moto terrestre.

L'osservazione quotidiana, infatti, sembra percettivamente comprovare il moto geocentrico dei corpi celesti e l'ipotesi di spiegare il movimento del sole e degli altri corpi celesti, partendo dal presupposto che essi ruotino intorno alla terra, sembrerebbe spiegare in modo logico tale percezione del senso comune. Copernico sostiene che, ipotizzare che sia la terra a muoversi intorno al sole, richiede di ipotizzare anche che la terra si muova anche intorno al proprio asse, e ciò permetterebbe anche di spiegare il moto apparente dei corpi celesti. La terra così sarebbe soggetta a due movimenti: il movimento di rotazione attorno al sole e quello di rivoluzione intorno al proprio asse, e quest'ultimo sembra mal conciliarsi con l'esperienza comune.

Inoltre la terra sarebbe anche soggetta ad un terzo movimento, quello di traslazione, cioè al suo spostamento nello spazio insieme all'intero sistema solare.

Occorreva quindi superare l'esistenza delle sfere celesti per poter fondare il nuovo sistema del mondo ipotizzato da Copernico, ma era proprio in virtù di tali sfere che Copernico poteva spiegare sia il moto dei pianeti e delle stelle, sia il fatto che essi potessero mantenersi nelle proprie orbite senza cadere: se i corpi celesti erano incastonati all'interno di sfere unite l'una all'altra, senza spazi vuoti, la costruzione dell'universo non avrebbe rappresentato alcun problema, mentre immaginare i corpi celesti in moto all'interno di uno spazio vuoto avrebbe comportato numerosi problemi nel poterne spiegare il movimento e, sopratutto, come potessero non disintegrarsi, esplodendo uno sull'altro.


Tycho Brahe e Keplero.


Il passo successivo viene compiuto da Tycho Brahe che propone un modello complicato dell'universo che sia in grado di conciliare il geocentrismo e la teoria eliocentrica di Copernico. Egli sostiene che la terra, nonostante conservi la sua posizione centrale all'interno dell'universo e il sole ruoti intorno ad essa, non rappresenti però il fulcro di rotazione per tutti gli altri corpi celesti che ruoterebbero invece intorno al sole.

Uno dei contributi più importanti ed apprezzati di Brahe è, però, rappresentato dal gran numero di dati raccolti, frutto di osservazioni sistematiche su cui lavoreranno gli astronomi successivi, e sui suoi studi sulle comete, le cui orbite risultavano essere incompatibili con l'esistenza delle sfere celesti.

I dati raccolti da Brahe, ed utilizzati poi da Keplero, contenevano infatti osservazioni molto precise e dettagliate di diverse orbite planetarie, in modo particolare sull'orbita di Marte. Tali dati raccolti da Brahe risultavano essere del tutto incompatibili sia con il sistema tolemaico-aristotelico, sia con quello copernicano

Keplero cerca quindi di individuare delle regolarità matematiche che consentano un'interpretazione di tali dati, raccolti da Brahe, partendo da un presupposto che era comune ad entrambi i sistemi, quello copernicano e quello aristotelicola circolarità delle orbite.

Nella sua opera, intitolata Astronomia novaKeplero presenta l'ipotesi che le orbite dei pianeti non siano circolari, ma ellittiche. Tale ipotesi consentiva a Keplero di descrivere il moto dei pianeti senza dover far ricorso agli epicicli e agli eccentrici, che invece Copernico non aveva potuto eliminare dal proprio sistema.


Le leggi di Keplero.


Keplero, sviluppando l'ipotesi delle orbite ellittiche, giunge alla formulazione delle prime due leggi che portano il suo nome:

le orbite dei pianeti sono delle ellissi di cui il sole occupa uno dei due fuochi;

la velocità di ogni pianeta varia in modo tale che una retta, che congiunge il sole e il pianeta, percorre uguali porzioni di superficie in uguali intervalli di tempo.

Nell'ipotesi di Keplero dunque le orbite disegnate dai pianeti non sono regolari e circolari, ma ellittiche, e le velocità di rivoluzione non sono costanti. Di conseguenza il loro movimento, per Keplero, non può essere spiegato sulla base della perfezione del moto orbitale e occorre individuare un motore in grado di permettere di spiegare il movimento inerziale dei pianeti, nonché le accelerazioni e le decelerazioni di tali movimenti.

L'astronomia di Keplero è ricca di elementi neoplatoniciKeplero vede nel sole, l'astro da lui considerato più nobilela causa del movimento dei pianeti. Questa sua ipotesi sembrerebbe essere avvalorata dal fatto che la loro velocità risulta essere maggiore al perielioil punto di maggiore vicinanza al solee varia in funzione della distanza dal soleKeplero immagina quindi che i pianeti siano spinti dai raggi del sole, in moto di rotazione su se stesso, con tanta maggiore forza quanto minore è la distanza.

L'universo di Keplero è ancora un universo chiuso e la centralità del sole è ancora basata su considerazioni filosofiche e non fisicheKeplero definisce infatti il sole come «Signore del cielo», motivando il proprio eliocentrismo con argomentazioni ancora ben poco scientifiche che sottolineano la sua centralità in quanto datore di vita, di luce e di calore.

Le osservazioni di Keplero sui dati raccolti da Brahe si basano sulla convinzione neoplatonica che l'universo abbia una struttura matematica.

Sin dai suoi primi scritti giovanili, Keplero aveva cercato di individuare una legge in grado di spiegare la disposizione dei pianeti e la loro distanza dal sole. Infatti, nella sua prima opera intitolata “Mysterium cosmographicum” del 1596, egli aveva ipotizzato che le orbite, immaginate ancora come circolari, fossero inscritte o circoscritte ai cinque solidi regolari di cui parlava Platone nel suo Timeo: il cubo, il tetraedro, il dodecaedro, l'icosaedro e l'ottaedro.

Più tardi, rendendosi conto dell'incompatibilità di tale ipotesi con i dati osservati e con l'ellitticità delle orbite, Keplero non rinuncia a ricercare una relazione matematica in grado di spiegare la disposizione dei pianeti, giungendo così alla formulazione della terza legge:


i quadrati dei tempi di rivoluzione dei pianeti sono direttamente proporzionali ai cubi delle loro distanze medie dal sole.


La nuova concezione astronomica solleva però importanti interrogativi inerenti alle leggi fisiche, nel tentativo di spiegare cosa fa muovere i corpi e da quali principi sia regolato il movimento.

Soltanto con Galilei la rivoluzione astronomica si unirà alla nascita di una nuova fisica, attraverso il processo che troverà nella teoria di Newton il proprio compimento: grazie al loro apporto scientifico verranno unificate meccanica e astronomiafisica terrestre e fisica celeste.

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