Lezione 9 - Galileo Galilei 2: Il metodo sperimentale.
Classi 4° A/B/C Linguistico - Lez. 9
Galileo Galilei - Il metodo sperimentale.
Il sistema copernicano e la relatività galileiana.
Il Dialogo sopra i due massimi sistemi non é solo una difesa del sistema copernicano, ma sopratutto il tentativo di superare le accuse ad esso rivolte, connesse in particolare al movimento della Terra. Dei tre protagonisti, Salviati difende il sistema copernicano, l'aristotelico Simplicio difende il sistema aristotelico-tolemaico, mentre Sagredo, discepolo e amico di Galilei a Padova, funge da moderatore, anche se non nasconde il proprio apprezzamento per il sistema copernicano.
Gran parte dei dialoghi é dedicata, piuttosto che a problemi astronomici, a problemi di meccanica. Infatti, l'ipotesi eliocentrica deve prevedere, come già aveva notato Copernico, il moto rotatorio della Terra, contro il quale gli aristotelici sollevavano obiezioni che non potevano essere risolte che attraverso una nuova teoria del moto. Il ragionamento di Galileo ricostruisce una nuova concezione del moto terrestre che é alla base della fisica moderna. Una delle principali obiezioni degli aristotelici, riportata da Simplicio, é che se la Terra si muovesse di moto diurno verso oriente, un grave lasciato andare dall'alto di una torre dovrebbe cadere spostato verso occidente, così come, aggiunge Simplicio, se lasciamo andare un sasso dalla cima dell'albero di una nave mentre questa avanza, il sasso cadrà verso poppa e non ai piedi dell'albero. Il ragionamento di Simplicio riposa sulla concezione aristotelica del moto, in base alla quale ogni movimento presuppone un motore in atto per cui il sasso, lasciato cadere, non ha in sé alcun moto, a differenza della nave. Sagredo chiede a Simplicio se abbia mai fatto questo esperimento e alla sua risposta negativa risponde con un ragionamento sull'esperimento stesso, cioè con un esperimento mentale, come lo definisce Galileo. Se consideriamo il sasso prima che venga lasciato cadere, dobbiamo ammettere che esso viaggia alla stessa velocità della nave. Quando cade, tale velocità si conserva (cioè si conserva il moto) per cui il sasso continuerà a seguire la nave e cadrà ai piedi dell'albero, indipendentemente dalla velocità della nave stessa. A differenza di quanto sosteneva Aristotele, il moto, una volta impresso, appartiene al corpo e si conserva finché non intervengono cause contrarie. Per Aristotele il moto appartiene invece al motore e viene meno non appena cessa l'azione del motore sul mobile.
Di fronte alle perplessitá di Simplicio, Salviati propone un altro esperimento mentale, che consente di comprendere ancora meglio la nuova concezione del moto. Salviati chiede a Simplicio di immaginare di porre una sfera sulla sommità di un piano inclinato e di lasciarla poi andare. La sfera inizierà a rotolare lungo il piano, aumentando progressivamente la velocità: la causa dell'accelerazione é l'inclinazione del piano, ma se alla fine del piano in discesa ce ne fosse uno in salita, la sfera inizierebbe a perdere velocità mentre sale e anche stavolta la causa della decelerazione sarebbe il piano in salita. Ma Salviati prosegue ipotizzando che, al termine del piano in salita, possa esserci un altro piano perfettamente orizzontale: allora la sfera non aumenterà e ne rallenterà la propria velocità, ma tenderà a mantenere il proprio movimento indefinitamente.Galilei individua così il principio di inerzia o di conservazione del movimento. Dopo aver confutato altre obiezioni di Simplicio sul moto della terra, Salviati propone l'esperimento mentale conclusivo, quello del gran naviglio: rinchiusi sottocoperta di una grande nave e avendo a disposizione vari tipi di insetti volanti e un grosso vaso pieno d'acqua in cui nuotano diversi pesci, sospendendo in alto alcuni secchielli che versino dell'acqua goccia a goccia in modo da riempire progressivamente una brocca che sia posta per terra in basso. Se la nave é ferma, gli insetti voleranno liberamente in tutti i punti della stanza, così come i pesci nel vaso, e le gocce dall'alto cadranno tutte nella brocca in basso. Ma se la nave inizia a muoversi a grande velocità non ci saranno cambiamenti ne del volo degli insetti, né nel nuoto dei pesci, a patto che si tratti di un movimento uniforme, senza accelerazioni o decelerazioni. L'esperimento si conclude con l'affermazione della relatività galileiana: all'interno di un sistema non è possibile decidere se il sistema è in quiete o in moto uniforme perché tutte le parti si muovono dello stesso movimento generale. Allo stesso modo, conclude Galileo, accadrà per il moto della Terra, visto che le persone non potranno accorgersi se la terra é immobile o se viaggia nello spazio di moto uniforme, in quanto nessuno degli eventi previsti dagli aristotelici per la loro assenza potrebbe essere usato a dimostrazione dell'immobilità della terra. Viene così definita una nuova concezione del moto in termini di una quantità che può aumentare o diminuire a seconda delle cause che agiscono sul corpo che tende a conservare il proprio movimento uniforme, se non ci sono accelerazioni o decelerazioni dall'esterno, ma sopratutto che é misurabile e quantificabile, consentendo varie operazioni matematiche (sommare o sottrarre i moti, calcolare i rapporti, ecc).
Il metodo sperimentale.
Nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo vengono proposti esclusivamente esperimenti mentali che hanno alcune funzioni importanti. Essi colgono la ragione dei fenomeni, compresa la quale non è necessario ripetere le esperienze, perché é stato individuato il rapporto causa-effetto che spiega ciò che accade e ne stabilisce la necessità logica. Nell'ultima opera, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due scienze, anch'essa in forma di dialogo tra gli stessi interlocutori dell'opera precedente (Simplicio, Sagredo e Salviati). Qui Galileo discute i risultati delle sue ricerche sul moto uniforme accelerato: una conclusione sconcertante, che sembra andare contro l'esperienza comune, é che i corpi cadono nel vuoto con la stessa velocità, in quanto l'accelerazione è in funzione del tempo e non del peso. Alla obiezione di Simplicio che fa riferimento all'esperienza secondo la quale un blocco di marmo cade più velocemente di una vescica piena di aria, Salviati risponde con questo ragionamento: se si lasciano cadere due blocchi di marmo di peso uguale, essi toccheranno terra contemporaneamente dopo un certo intervallo di tempo. Ma se i due massi entrano in contatto, diventando un'unica massa mentre cadono, la loro velocità di caduta non varia.
La diversa accelerazione tra il blocco di marmo e la vescica d'aria dipende soltanto dalla resistenza dell'aria e se tale resistenza viene tolta, la velocità di caduta sarebbe la stessa per entrambi. L'esperienza è dunque importante, ma per Galileo deve essere trattata in modo scientifico, astraendo in questo caso gli impedimenti delle diverse materie, cioè nell'esempio la resistenza dell'aria. Anche nell'esperimento mentale che dimostra la conservazione del movimento, é necessario astrarre dall'attrito, visto che la sfera su un piano non conserva il proprio moto, ma lo perde gradualmente.
Per capire qual'é il ruolo dell'esperienza e quale quello della ragione nel metodo di Galileo è necessario analizzare i diversi momenti in relazione allo studio della caduta dei gravi che porterà Galileo alla definizione della legge secondo cui l'accelerazione è proporzionale al quadrato dei tempi. Galileo opera mediante una serie di esperimenti, usando i famosi piani inclinati che vengono ancora oggi conservati nel Museo Fiorentino della Scienza e della Tecnica. I piani servono per rendere misurabile un fenomeno, in questo caso la caduta dei gravi, che senza questo strumento non sarebbe misurabile. Per la ricerca scientifica è infatti essenziale quantificare cioè misurare i fenomeni. Galilei inventa a questo scopo uno speciale orologio ad acqua estremamente preciso anche per grandezze dell'ordine del decimo di secondo, inserendo inoltre lungo il piano inclinato dei campanellini che consentono di accertare istantaneamente il passaggio della palla che rotola lungo il piano. Nel resoconto di queste esperienze egli sottolinea la necessità che il piano sia perfettamente levigato, che le sfere utilizzate siano di metallo duro e perfettamente liscio, in una parola che siano resi per quanto possibile costanti i fattori che non devono essere considerati nella misurazione.
L'esperimento è il cuore del metodo galileiano che è appunto definito metodo sperimentale. L'esperimento è un'esperienza costruita in base a ipotesi, in modo da isolare le variabili che vogliamo effettivamente misurare. Nell'esempio proposto ci sono diverse variabili che possono in varia misura influenzare l'accelerazione: l'attrito del piano, quello della sfera, il materiale del quale sono composti, la grandezza e il peso della sfera, ecc. Nell'esperimento è necessario rendere costanti le variabili che non interessano, come l'attrito e la grandezza della sfera, in modo che cambino solo le variabili che devono essere misurate (la velocità della sfera in diversi punti del piano inclinato).
Si tratta, cioè, di isolare alcune variabili, in base all'ipotesi che siano determinanti per il fenomeno studiato. A questo punto è possibile misurare la loro variazione (per questo motivo si chiamano variabili) indipendentemente dagli altri fattori che rimangono costanti. Il risultato è l'individuazione di un rapporto matematico costante tra due grandezze correlate (tempo e accelerazione). Così costruito, l'esperimento può confermare o meno la nostra ipotesi, consentendo di accertare se il rapporto individuato si presenta in tutti i casi. Se l'esperimento, o cimento come lo chiama Galileo, è positivo, possiamo trasformare la nostra ipotesi in una legge, che è l'espressione di un rapporto matematico, cioè di un rapporto tra quantità misurabili. Questo è il metodo induttivo - sperimentale: si parte dall'osservazione, si formulano delle ipotesi, si traducono le ipotesi in esperimenti ( cioè in esperienze costruite in base ad esse) e si verificano, mediante gli esperimenti, le ipotesi iniziali.
Come in Bacone, il metodo di Galilei rappresenta una sintesi di esperienza e ragione: la ragione costruisce le esperienze in base alle proprie ipotesi, isolando le variabili tra le quali pensiamo che sussista un rapporto. Inoltre, la ragione va oltre gli impedimenti della materia che non è possibile rimuovere: ad esempio se la sfera arriva sul piano in movimento e secondo la nostra ipotesi dovrebbe conservarlo indefinitamente, dobbiamo cercare di ridurre sempre più l'attrito che impedisce che questo evento si realizzi concretamente e più riduciamo l'attrito, più aumenta la conservazione del movimento; sviluppando matematicamente questa tendenza, ponendo l'attrito uguale a zero, si giunge alla conclusione che il movimento si conserverebbe all'infinito. Si tratta di una conclusione matematica alla quale giungiamo partendo dall'esperienza costruita dalla ragione.
Induzione e deduzione nel pensiero di Galilei.
Il metodo sperimentale, di cui Galilei é considerato il fondatore, riprende gli aspetti principali del metodo induttivo, pur con importanti innovazioni. Bacone definisce il metodo induttivo la via in salita o in discesa dai dati alle ipotesi, agli esperimenti e infine alle leggi. Galileo precisa i due momenti sperimentali del metodo: i dati devono essere quantificabili e quantificati, in modo da poter essere trattati matematicamente; gli esperimenti devono quantificare i fattori in gioco, facendo variare nella misura voluta soltanto le grandezze tra le quali si ipotizza un rapporto. La fisica come scienza nasce quando, come dice Kant, Galileo fece rotolare le sue sfere su di un piano inclinato con un peso scelto da lui stesso, stabilendo l'inclinazione, la grandezza e il peso delle sfere e così via, perché lo scienziato non è colui che osserva semplicemente ciò che accade, ma colui che modella l'esperienza in base alle proprie teorie e alle proprie ipotesi di ricerca.
In realtà il metodo sperimentale non esaurisce del tutto le possibilità di ricerca utilizzate da Galilei. In particolare egli usa spesso i cosiddetti esperimenti mentali che hanno essenzialmente due funzioni: in primo luogo servono per liberarsi dagli impedimenti della materia, come quando Galileo per dimostrare il principio di inerzia, immagina una sfera che giunga su un piano né declive e né acclive, possedendo già una certa velocità e dimostra che il moto non muta purché non intervenga l'attrito dell'aria o quello del piano, immagina condizioni impossibili da riprodurre. Tuttavia con gli esperimenti possiamo constatare che diminuendo queste variabili, aumenta progressivamente lo spazio percorso dalla sfera e concludere quindi che se queste variabili fossero azzerate, il movimento continuerebbe senza fine. La seconda funzione degli esperimenti mentali riguarda direttamente il ragionamento che in alcuni casi può fare a meno dell'esperienza. In risposta agli argomenti di Simplicio sull'esperienza della nave, in cui un grave viene lasciato cadere dall'alto dell'albero maestro di una nave in movimento per cadere verso poppa, Salviati risponde di poter dimostrare il contrario soltanto con il ragionamento. Partendo da queste e da altre osservazioni, gli studiosi discutono sul carattere induttivo o deduttivo del metodo di Galileo che, parla di due modalità valide per arrivare alla conoscenza: le sensate esperienze e le certe dimostrazioni che sono due procedimenti complementari. L'esperienza rimane comunque il punto di partenza ed è intorno ai dati sperimentali che si sviluppa in ragionamento. È importante sottolineare che quando si parla di metodo sperimentale in Galilei, non facciamo riferimento tanto al procedimento induttivo, ma alla quantificazione dei dati, alla costruzione di esperienze per controllare le ipotesi, al rigore nel trattare le osservazioni. Per questo motivo sono importanti sia il momento induttivo e sia quello deduttivo. Sarà Newton a superare il metodo galileiano, riunendo i due momenti, induttivo e deduttivo, in un procedimento unitario, il metodo induttivo-deduttivo, in modo da ricavare la spiegazione di tutti i fenomeni meccanici e fisici da poche leggi generali individuate mediante l'esperienza e gli esperimenti. Pur essendo considerato il prototipo dello scienziato moderno, Galilei era un uomo dai molteplici interessi e caratterizzato da una versatilità tipicamente rinascimentale: è un buon osservatore e un ottimo disegnatore, oltre che un musicista, competenze di cui si serve nella ricerca scientifica. I disegni eseguiti da Galileo, per esempio, basati sull'osservazione diretta della Luna e sulle fasi di Venere o quelli utilizzati per illustrare i suoi testi di fisica dimostrano la sua forte preoccupazione di presentare "sensate esperienze" ossia esperimenti concreti e ripetibili, ben osservabili e costruiti in modo da permetterne la matematizzazione.
Il realismo di Galilei.
Secondo Galileo non tutti i fenomeni possono essere conosciuti scientificamente, ma soltanto quelli che possono essere trattati in modo matematico, cioè quelli quantificabili. La matematica svolge un ruolo centrale nel pensiero di Galileo: l'universo, egli sostiene, è un libro scritto in lingua matematica e i caratteri sono triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali l'uomo è impossibilitato a comprenderlo e a poterlo studiare. Galilei distingue in modo netto tra qualità primarie e secondarie: le prime sono oggettive, cioè appartengono alle cose e sono misurabili; le seconde invece, derivando dai sensi, sono soggettive e non possono essere studiate in modo scientifico. Per rendere più chiara tale distinzione, Galileo propone un esempio: se immaginiamo di di muovere la mano su di una statua o su un uomo vivo, il movimento oggettivo della mano sarà lo stesso, ma l'uomo, se toccato in certi punti, sente il solletico, ma questa sensazione non appartiene alla mano, ma al soggetto che la sente e se l'uomo fosse una statua di marmo, questa sensazione scomparirebbe. Alcune qualità, come la figura o la grandezza, sono quindi proprie dei corpi, mentre altre, come i colori, i sapori o gli odori, sono proprie degli organi di senso. Le prime, una volta quantificate, vengono considerate per quello che sono, cioè oggettive: la superficie di un tavolo rettangolare di un metro e mezzo per un metro rimane la stessa indipendentemente da che lo si osservi da vicino o da lontano, nonostante la diversità delle percezioni nei due casi, perché figura e grandezza sono qualità del tavolo e non degli organi di senso di chi lo osserva. Da queste premesse deriva una prima importante conseguenza: il realismo di Galileo. Ciò che la scienza può conoscere esiste davvero così come è conosciuto, cioè la scienza può conoscere la realtà. Inoltre, un'altra conseguenza importante, ciò che è conoscibile scientificamente, coincidendo con la realtà, viene conosciuto in modo perfetto, tanto da non poter immaginare una conoscenza più profonda o più completa. Quindi, in questo ambito, la nostra conoscenza é perfetta come potrebbe esserla quella di Dio. Galileo distingue a tale proposito tra un conoscere estensivo e un conoscere intensivo: per estensione, la conoscenza divina è infinitamente superiore a quella umana, perché Dio può conoscere tutto, l'uomo solo gli aspetti quantificabili della realtà; ma per l'intensità, cioè per la perfezione della conoscenza, non c'è nessuna differenza, perché Dio non può conoscere meglio dell'uomo che due più due fa quattro o che l'accelerazione è proporzionale al quadrato dei tempi.
La conoscenza scientifica è circoscritta all'ambito dei fenomeni quantificabili ma, entro questi limiti, è oggettiva ed esaustiva, cioè perfetta. Così Galileo si inserisce a pieno titolo nel filone di Cusano e della dotta ignoranza, nell'esaltazione delle capacità conoscitive dell'uomo e del suo ruolo centrale dell'universo ripreso da tutti i filosofi rinascimentali che esaltando la limitatezza umana, lo esaltano divinizzandolo e rendendolo, appunto, la vera copula mundi secondo la terminologia di Ficino.
Tecnica e scienza nel Seicento.
Il legame tra scienza e tecnologia è sottolineato sopratutto da Bacone, ma è ribadito da tutti gli scienziati dell'epoca. Lo sviluppo della scienza e quello della tecnica vanno di pari passo per più ragioni: la scienza quantitativa del Seicento richiede strumenti sempre più precisi per la misurazione dei fenomeni. Nello stesso periodo vengono inventati strumenti che amplificano le capacità sensoriali umane, in particolare quella visiva come il telescopio e il microscopio; infine dalla scienza ci si aspettano applicazioni che migliorino la vita umana.
a. Il mondo della precisione
Galilei intitola una delle sue opere più note Il saggiatore. Il saggiatore è il bilancino di precisione degli orafi, i quali per il valore della merce che trattano, non possono accontentarsi di una precisione, ad esempio, al grammo, che andrebbe bene per la maggior parte delle necessità quotidiane. La nuova scienza si basa su dati quantificati e ha perciò bisogno di strumenti di misura estremamente precisi. Quando Galileo fa rotolare le sfere su piani inclinati per determinarne l'accelerazione, non può accontentarsi di una precisione al secondo, ma ha bisogno di misurare i decimi e i centesimi di secondo. Gli orologi incominciano a introdurre la lancetta dei secondi nel corso del Seicento e non sono strumenti di misurazione affidabili per gli esperimenti scientifici. Galilei inventa quindi l'orologio ad acqua che gli consente di raggiungere una precisione minima al decimo di secondo. Si passa così dal mondo del pressapoco a quello della precisione.
b. Vedere nuovi mondi
Bacone definisce gli strumenti che accrescono le capacità sensoriali, in particolare il microscopio e il telescopio, istanze della porta, poiché amplificano i sensi che sono la porta con la quale entriamo in comunicazione con il mondo esterno. La nuova scienza si basa sull'esperienza, quindi sui sensi, e gli strumenti che aumentano le capacità percettive permettono all'uomo di sperimentare nuove realtà. Il telescopio è lo strumento simbolo del secolo per le conseguenze che ha avuto sulla scienza e sulla mentalità dell'epoca. Il primo cannocchiale viene costruito nel 1608 da ottici olandesi e venduto come curiosità o come giocattolo. L'anno successivo Galilei lo perfeziona e lo usa per l'osservazione del cielo: nasce così il telescopio. Grazie a questo strumento l'universo cambia dimensioni e conformazione: le stelle visibili diventano molte migliaia. Galilei può così osservare le valli e i monti della Luna, i satelliti di Giove, le fasi di Venere, dati che gli consentono di portare argomenti a sostegno della teoria copernicana. Newton perfeziona il telescopio passando dal sistema a rifrazione a quello di riflessione.
Come il telescopio rivoluziona l'astronomia, il microscopio rivoluziona la biologia, la medicina e la chimica e al tempo stesso cambia il modo di vedere la realtà, aprendo una porta sul mondo insospettato dell'infinitamente piccolo.
Le lenti di ingrandimento erano state usate sin dall'antichità, ma soltanto con il telescopio e il microscopio vengono abbinate per amplificarne l'effetto. Galilei costruisce anche il primo microscopio rudimentale, detto "occhialino di Galileo" e chiamato per la prima volta microscopio da padre Giovanni Faber di Bamberga, medico del papa Urbano VIII.
Il primo microscopio vero e proprio é attribuito all'olandese Anton van Leeuwenhoek che con questo strumento, capace di raggiungere ingrandimenti di circa 270 volte, riesce a osservare realtà completamente invisibili ad occhio nudo, come i batteri, il lievito, la vita presente in una goccia d'acqua.
c. Cambiare la realtà
La società del Seicento è caratterizzata da un grande sviluppo manifatturiero che crea le premesse per la rivoluzione industriale, alla quale le innovazioni tecnologiche daranno un contributo decisivo. La tecnica è considerata inoltre importante anche per la sua capacità di migliorare le condizioni di vita, contribuendo al progresso complessivo dell'umanità. Nella Nuova Atlantide Bacone sottolinea con forza le ricadute in ambito pratico della scienza esaltandone le possibilità, ma mostrandone anche i rischi, tanto che nel suo romanzo affida agli scienziati il compito di valutare quali scoperte divulgare e quali tenere segrete, almeno per un certo tempo.
Per Bacone la tecnologia ha anche l'importante funzione di strumento di verifica della teoria. Se una teoria produce macchine che funzionano, se è capace di modificare la realtà, allora la teoria è corretta, anzi vera, perché riuscendo a trasformare la natura, ne ha dato una giusta interpretazione.