Lezione 31 - La filosofia dell’Ellenismo 2: Epicuro e l’Epicureismo.

Classi 3°A/B/C Linguistico - Lez. 31

La filosofia Ellenistica 2  - Epicureismo


II Giardino di Epicuro 


Epicuro, il cui pensiero presenta significativi punti di contatto con l’atomismo di Leucippo e di Democrito, distingue tre ambiti del sapere: la logica, la fisica e l'etica. Tra questi, assume come punto di partenza la logica, perché compito di questa scienza é quello di individuare i canoni, ossia i criteri con cui si può distinguere la verità dall'errore.


La canonica: logica e teoria della conoscenza 


Con il termine «canonica» Epicuro indica la logica e la teoria della conoscenza in genere, che hanno il compito di chiarire il canone (dal greco kan6n, cioè «regola», «norma», «direttiva», «disciplina»), ossia i criteri che devono guidare il pensiero e l'azione.

Fra questi criteri Epicuro considera fondamentale quello dell'evidenza. Quando si dice che una cosa é di per sé evidente vuol dire che non si ritiene necessario provarla e spesso é addirittura impossibile farlo. L'evidenza ha sempre un contenuto irrefutabile e chiaramente manifesto; é qualcosa cui bisogna arrendersi. Alcuni stati mentali godono di questa proprietà e il loro contenuto deve quindi essere preso per vero; altri, invece, ne sono sprovvisti e devono quindi essere considerati con diffidenza. Epicuro individua tre casi in grado di superare la prova dell'evidenza: 1) le sensazioni; 2) le anticipazioni; 3) gli stati mentali del piacere e del dolore.

Pur con accenti diversi, sia Platone sia Aristotele avevano affermato che la sensazione, fermandosi all'apparenza dell'essere, non può fondare il pensiero razionale. Ribaltando questa svalutazione dei sensi, Epicuro afferma invece che nessuna sensazione può mai fallire, perché é intrinseca a ogni sensazione quell'evidenza immediata che é il criterio di verità. Se si vede un oggetto di fronte a sé non c'é possibilità di sbagliarsi: non si può vedere ciò che non esiste e neppure, al contrario, non vedere ciò che entra nel proprio campo visivo. Percepire significa registrare gli stimoli provenienti dall'ambiente e poiché la fisica (la teoria degli effluvi) dimostra che questa registrazione avviene in modo automatico e passivo, senza che la volontà o la ragione possano in alcun modo intervenire, l'assoluta veridicità di tutte le sensazioni é garantita. Tutti i processi percettivi sono pensati da Epicuro sul modello del blocco di cera su cui il sigillo imprime una forma determinata, oppure della sabbia su cui si stampa l'orma del piede. Il solo fatto che una sensazione esista é garanzia della veridicità dei sensi che l'hanno percepita, così che Epicuro può affermare che se anche una sola volta nella vita una sensazione dovesse indurre in errore, ebbene, non ci sarebbe più la possibilità di credere in alcunché.

Quando sensazioni simili si ripetono molte volte nel tempo finiscono per lasciare nella mente un'impronta stabile, una specie di rappresentazione sintetica delle cose. Dato che nel passato abbiamo vista molti gatti, quando sentiamo la parola «gatto» non abbiamo alcuna difficoltà a richiamare alla memoria sensazioni pertinenti. Epicuro chiama questi contenuti mentali anticipazioni o prolessi, perché ci permettono di anticipare il contenuto delle esperienze, esprimendo uno schema generale di ciò che é tipico e peculiare di esse.

Le anticipazioni ci permettono di pensare le cose anche quando non le sperimentiamo, rendendo così possibile il pensiero concettuale. Epicuro sottolinea che le anticipazioni, a differenza delle idee platoniche, non sono innate e, a differenza dei concetti aristotelici, non esprimono alcuna essenza. Sono solo complessi di segni, simboli e rappresentazioni mentali non ben definibili, capaci però di richiamare alla mente insiemi di sensazioni simili, archiviate nella memoria. Ma proprio in questa scarsa elaborazione da parte del pensiero sta la loro forza, perché, data la  loro origine sensoriale, anche le anticipazioni non possono mai essere false.

Ma il pensiero non si limita a recepire stimoli o a richiamare e confrontare nella mente vecchie sensazioni. Ragionare significa connettere numerosi concetti, o anticipazioni, in catene complesse. E’ vero che certi ragionamenti appaiono anch’essi dotati di evidenza, tuttavia, fa notare Epicuro, si tratta in questo caso di un'evidenza non immediata, non empirica e quindi mai del tutto affidabile. Qui nasce la possibilità dell'errore, perché l'opinione può sbagliare, attribuendo qualità sensibili a cose che non ne hanno affatto. I termini «gatto» e «stivale» suscitano anticipazioni vere, evidenti e universali, ma sarebbe errata attribuire lo stesso valore di verità anche alla loro connessione «gatto con gli stivali».

Dal greco pr6fepsis, tradotto in latino con anticipatio, con il termine prolessi o anticipazione gli epicurei indicano i concetti generali di genere e di specie. La mente forma questi schemi mentali come riassunto mnemonico delle esperienze passate e le usa poi per anticipare le caratteristiche delle esperienze presenti o future. Dopo aver visto molte volte lo stesso oggetto, per esempio un cane, mi formo un'idea generale di questa specie animale e sulla base di questa immagine mentale mi aspetto di trovare caratteristiche analoghe anche nei cani che vedrò in futuro, distinguendoli così, ad esempio, dai gatti.

La gnoseologia epicurea non possiede la complessità di quella platonica o aristotelica, rispetto a cui appare come una netta semplificazione. Epicuro non segue in campo scientifico questo principio di evidenza sensistica da lui stesso elaborato in campo logico: la sua fisica, infatti, si basa su nozioni, come quelle di atomo, vuoto e deviazione, che sfuggono a ogni osservazione percettiva. Per quanto veri, questi limiti della gnoseologia epicurea non sono tali da inficiare lo scopo eminentemente pratico assegnato da Epicuro alla canonica. Lungi dall'impegnarsi in una ricerca teorica sui complicati processi che regolano il funzionamento effettivo della mente, essa si pone come fine la fondazione di alcune idee semplici e basilari che aiutino l'uomo a muoversi con successo nel mondo. Più che di complicate verità, l'animo umano ha bisogno di semplici certezze. Da questo punto di vista la gnoseologia epicurea rivela tutta la sua efficacia: essa dice in sintesi che attenendosi alle cose, alle esperienze realmente vissute, e diffidando di tutto ciò che non é evidente, non si può sbagliare.

Rispetto alle altre scuole ellenistiche, l'epicureismo si distingue per una minore importanza attribuita al pensiero scientifico. Scopo della fisica, infatti, non é spiegare l'ordine segreto che regge il mondo, ma fornire le basi scientifiche per la liberazione da ogni forma di paura. Escludendo ogni intervento di principi estranei alla natura, essa serve a combattere le credenze immotivate e ogni forma di superstizione irrazionale. Come la logica, anche la fisica epicurea ha una funzione sussidiaria all’etica e non pretende d'essere originale o scoprire alcuna nuova verità scientifica.

Sulla scorta di Democrito (460-370 ca. a. C.) Epicuro afferma che esiste un limite alla divisibilità dei corpi: l'atomo. Gli atomi sono ovviamente non scomponibili, invisibili, infiniti di numero e diversi fra loro per forma e grandezza. Si aggregano dando origine ai corpi visibili e si separano determinandone la dissoluzione. Sono quindi perennemente in moto e per rendere pensabile il loro rnovimento bisogna amrnettere l'esistenza del vuoto. Gli atomi tendono ad aggregarsi fra loro in tutti i modi possibili e da ciò si può dedurre che il nostro rnondo non é l'unico esistente. Nello spazio infinito esistono infiniti mondi, ognuno dei quali costituisce solo una delle infinite possibilità di aggregazione atomica. Dato che é impensabile che la materia si formi dal nulla, il cosmo non é stato creato, ma esiste da sempre, eternamente.

L'accettazione della fisica atomistica permette a Epicuro di escludere ogni forma di finalismo: gli atomi infatti non si muovono in vista di uno scopo e le forme che essi costituiscono non rappresentano alcunché di essenziale. Il secondo vantaggio é quello di fondare secondo modalità scientifiche una visione rigidamente materialistica. Tutto ciò che esiste é composto di atomi, quindi ha natura materiale, compresi gli dei e l'anima umana, di cui Epicuro afferma l’esistenza, negandone al contempo la spiritualità. Infatti anche l'anima é un mero composto di atomi, anche se di particolare qualità: sono atomi caldi e sottili, assai sirnili a quelli che formano il vento. La loro proprietà peculiare é la ricettività, ovvero la capacità di lasciarsi impressionare dagli altri atomi che Ii colpiscono. Come parte sottile del corpo, l'anima muore con esso e quindi non esiste alcun aldilà oltremondano.

D'altra parte, però, Epicuro esclude la possibilità del determinismo, cioé l'idea, già professata da Democrito, che tutti i fenomeni naturali siano fra loro collegati da connessioni necessarie di causa-effetto. Un’ idea pericolosa, a suo giudizio, perché induce a pensare che i1 futuro sia solamente una conseguenza necessaria del passato, quindi in qualche modo già scritto e prevedibile, tale da legittimare un approccio fatalistico alla vita o anche pratiche divinatorie e superstiziose.

Per negare il determinismo, Epicuro introduce alcune varianti alla dottrina di Democrito. Questi sosteneva che l'aggregarsi dei corpi sia l'effetto di movimenti vorticosi di atomi: questi ultimi non banno peso e fluttuano liberamente neI vuoto; la loro tendenza é però quella di ammassarsi formando aggregati, che attraggono sempre più materia e generano, in modo automatico e meccanico, moti vorticosi. Questo processo é alla base della formazione degli oggetti che compongono il  mondo. Epicuro postula che il processo avvenga secondo un  modello differente: contrariamente a Democrito, afferma che anche gli atomi sono dotati di peso e che quindi si deve pensare il loro movimento come un moto di caduta libera nel vuoto.


Accade però che tale moto sia a volte perturbato da una deviazione casuale e imprevedibile, (clinamen) di alcuni  di essi, che, deviando dalla traiettoria verticale, finiscono per urtare altri atomi dando origine agli ammassi primitivi di materia. La dottrina del clinamen non é chiaramente formulata in alcun testo di Epicuro a noi pervenuto, ma é presentata da Lucrezio (98 ca. - 54 ca. a. C.) nel poema Sulla natura (De rerum natura) come una dottrina della scuola. Secondo il poeta latino la si può intuire  in analogia con Ie particelle di polvere che si vedono in una stanza attraversata da un raggio di sole: vedrai molti corpi minuscoli vorticare in molteplici modi nel vuoto nella luce stessa dei raggi e, come in un’eterna contesa, muovere contrasti e battaglie scontrandosi a torme, senza mai trovare pace, continuamente agitati da rapidi congiungimenti o effrazioni, così che puoi arguire da ciò quale sia l’eterno agitarsi degli elementi primordiali delle cose nell’immenso vuoto; per quanto un piccolo fenomeno può offrire l'immagine di grandi eventi e una traccia per la loro conoscenza» (Sulla natura delle case, II, vv. 116-124).


Poco importa a Epicuro se la teoria del clinamen implica che gli atomi abbiano un peso, negando così uno dei principi della fisica di Democrito. A lui interessa affermare l’esistenza del caso, di un elemento di imponderabilità che permea la natura nel suo intimo. Senza le occasionali deviazioni degli atomi dal loro percorso naturale, la materia sarebbe rimasta allo stato primordiale e la vita non sarebbe diventata possibile. Ne consegue che il futuro é prevedibile solo ln parte: necessità e fato non sono tiranni implacabili e le vite degli uomini non sono già inscritte in alcun destino. Se persino gli atomi non sono sempre soggetti alle leggi della fisica e possono effettuare delle deviazioni imprevedibili, a maggior ragione deve esistere anche per l'uomo uno spazio di libertà.

La fisica epicurea si completa con la teoria degli effluvi, introdotta da Epicuro per fondare su basi scientifiche la veridicità delle sensazioni. Essa spiega la percezione visiva sul modello dell’odorato. Quando si avverte un profumo é perché gli atomi che formano la parte sensibile delle narici sono stati impressionati da altri atomi provenienti dall’esterno. Analogamente, per Epicuro, quando si vede un oggetto, gli atomi sensibili dell’occhio sono colpiti da altri atomi provenienti dallo stesso oggetto. Da ogni corpo, infatti, si staccano continuamente effluvi, frammenti infinitesimi e invisibili di materia che si diffondono nello spazio conservando la disposizione e la forma originarie (eidola) La percezione visiva é quindi una funzione del tutto passiva, l’occhio si limita a registrare la presenza o l’assenza dei corpi, come uno specchio.


L'etica: una visione edonistica 


Epicuro afferma che il piacere é il fine di una vita felice, il bene primo che muove ogni nostra scelta. La possibilità di ricavarne un piacere é la base sulla quale giudichiamo ogni evento. Ci sono due corollari impliciti in questa affermazione. Il primo é che, per quanta riguarda piacere e dolore, non sono possibili errori di valutazione, perché si tratta di verità immediate che superano la prova dell'evidenza. Come non ci si può sbagliare rilevando che il fuoco é caldo o la neve é bianca, così non può esistere un falso dolore. Il secondo corollario é che, quando segue la propria natura o il proprio istinto, ogni individuo cerca di diminuire il dolore e massimizzare il piacere. A Epicuro é totalmente estranea l'idea moderna, molto diffusa in epoca romantica e in ambito psicanalitico, che si possa a volte cercare la propria sofferenza.

«Piacere» é però una parola equivoca. Si potrebbe intendere il principio epicureo come un invito a soddisfare tutte le occasioni di possibile piacere con qualunque mezzo, senza rinunciare a nulla e senza mai accettare sacrifici. Si cadrebbe così in un'etica edonistica, dalla quale in realtà il messaggio epicureo é molto lontano. La vita felice proposta da Epicuro é ben diversa dall'immagine di spensierata gozzoviglia divulgata dai filosofi delle scuole avversarie e dai pmni cristiani.

Nella storia dell'Occidente poche dottrine filosofiche sono state oggetto di una vera e propria denigrazione quanto quella epicurea. La si accusava, ad esempio, di proporre un tipo di vita non dissimile da quello degli animali, tutto dedito alla ricerca del piacere e delle soddisfazioni dei sensi. Ma Epicuro non intende in questo modo la vita animale. Egli ammira gli animali perché sono esenti da tutte quelle ossessioni che impediscono all'uomo di essere felice; non conoscono l'autocompatimento, il servilismo e la smania di possesso; vivono senza alcun timore degli dei, senza inquietudine e senza insoddisfazione, in armonia con l'universo e con la propria intima natura. Gli animali realizzano per via istintiva ciò che l'uomo può raggiungere solo a seguito di un lavoro su se stesso.

Oltre all'animale, anche il bambino rappresenta un modello di esistenza naturale e non ancora corrotta dalla società. Il suo comportamento dimostra che, per natura e senza alcun insegnamento, l'essere vivente fugge il dolore e cerca il piacere: appena nato, e non ancora schiavo di alcuna opinione, piange e geme non appena si sente raffreddato da un soffio d'aria. Dunque tutti vogliono essere felici, e potrebbero anche esserlo da subito, se solo la loro mente non fosse ottenebrata da false credenze indotte dalla società. Su queste false opinioni lavora la filosofia, il cui successo é garantito dal fatto che essa non insegue un'utopia o un nuovo modello di umanità. Il suo scopo infatti é ripristinare le sane tendenze istintive, le inclinazioni naturali.

Quando si cerca di dare un contenuto ai termini «piacere» e «felicità» il primo pensiero và spesso a qualche esperienza in cui un'inaspettata e intensa gioia ci ha piacevolmente sorpresi. Non a caso si dicono «travolgenti» le emozioni provate in questi particolari momenti. Ma per Epicuro tali attimi di beatitudine non possono essere lo scopo della vita, perché, a ben guardare, l'intensità di tali gioie si accompagna a una forte instabilità: per loro natura le grandi emozioni durano poco e ben presto la routine riprende il sopravvento. Il problema della felicità deve essere analizzato secondo il criterio della stabilità: il piacere da ricercare non deve essere quello cinematico (in movimento) ma quello catastematico, stabile e costante. II piacere, in greco hedoné, in latino voluptas, é per Epicuro di due tipi: catastematico e cinematico. Il primo, stabile, profittevole e auspicabile, é il piacere negativo e consiste nel non soffrire. Il secondo é il piacere positivo e consiste nella soddisfazione di un desiderio. Mentre il primo é sempre auspicabile, il secondo lo é solo in certi casi.

Il piacere stabile é una condizione di serenità, equilibrio, armonia con se stessi e con l'ambiente. In buona parte é definibile in negativo come: 1) assenza di sofferenza fisica (aponia); 2) assenza di turbamenti dell'anima: (atarassia); 3) assenza di desideri inutili. Anche le passioni sono pericolose: chi ne é dominato perde ogni autonomia intellettuale, non ragiona più e si lascia andare a forti oscillazioni d'umore, a momenti di grande esaltazione alternati ad altri di grande disperazione. L'amore, ad esempio, é certamente positivo, ma deve rimanere sempre sotto il vigile controllo della ragione, senza tramutarsi in un sentimento travolgente. Nella ricerca del piacere ciò che conta é la saggezza, l'arte di seguire la retta ragione nella condotta della propria vita.

Condizione necessaria al raggiungimento dell'atarassia e dell'imperturbabilità é l'annullamento dei quattro turbamenti fondamentali che agitano l'animo umano:


1)   il timore degli dei;

2)   la paura della morte;

3)   l'ansia di raggiungere la felicità;

4)   la paura del dolore fisico.


Contro questi veleni dello spirito la filosofia deve agire come una vera e propria medicina. Gli epicurei chiamano quadrifarmaco, che vuol dire letteralmente «medicina composta di quattro ricette», questa massima fondamentale, che riassume il loro punto di vista sui quattro turbamenti: «II dio non incute alcun timore, ne turbamento la morte, il bene é facilmente ottenibile, il male facilmente sopportabile».

«L'essere beato o immortale non ha affanni, ne ad altri ne arreca; é quindi immune da ira e da benevolenza, perché simili cose sono proprie di un essere debole». Il fatto che questa sia la prima delle Massime capitali, che i discepoli devono imparare a memoria, dimostra l'importanza che Epicuro attribuisce alla questione della paura degli dei. Essi esistono senz'altro: lo prova il fatto che tutti gli uomini ne hanno un'«anticipazione» per molti versi simile. Gli dei sono numerosissimi, parlano la lingua dei sapienti (il greco} e vivono negli «intermondi», cioè negli spazi esistenti fra mondo e mondo. Perfetti nella loro beatitudine, trovano gioia nella reciproca compagnia e quindi si disinteressano totalmente della vita degli uomini.

La morte, afferma Epicuro, non é nulla per noi. Di solito associamo alla morte l'idea del dolore, ma la morte non può essere dolore. Piacere e dolore sono sensazioni, mentre la morte é assenza di sensazioni. Quando ci siamo noi essa non c'e; quando essa arriva non ci siamo più noi. La morte, insomma, non é un'esperienza possibile, ed é quindi assurdo averne paura.

Più difficile il discorso sul dolore, che si tratta di dominare, per quanto é possibile, riflettendo sul fatto che esso non é cosi tremendo come lo si può immaginare: quando sono intense, le sofferenze fisiche.hanno durata breve, quando sono croniche sono quasi sempre miti. In ogni caso, Epicuro non nega affatto l'esistenza del dolore fisico, avendo lui stesso dovuto sopportare lunghe malattie. Ma proprio il modo decoroso in cui lo fa, il suo rifiuto di lamentarsi, la serenità e il sorriso che mai gli vengono a mancare, neppure durante l'agonia, costituiscono la parte più convincente del suo messaggio. L'epicureismo non é solo una scuola filosofica, ma anche una setta fondata sull'esempio del maestro.


Oltre che sulle proprie paure, il saggio epicureo deve lavorare sui propri bisogni e desideri, perché da una loro cattiva gestione ha origine buona parte delle angosce. E’ necessario distinguere fra: 1) desideri naturali e necessari, come avere di che nutrirsi e di che coprirsi quando si ha freddo, la cui mancata soddisfazione avrebbe gravi conseguenze sulla tranquillità dell’animo; 2) desideri non naturali e non necessari, da respingere sempre perché la ricerca della loro soddisfazione sarebbe causa di turbamento, come nel caso di chi ambisce alla bellezza del corpo, alla ricchezza e al potere; 3) desideri naturali non necessari, come vestirsi bene e mangiare in modo raffinato, che possono essere soddisfatti finché non diventano troppo impegnativi e solo quando il calcolo razionale garantisce un saldo positivo fra vantaggi e svantaggi.


Epicuro propone di applicare il metodo matematico al problema del piacere, di procedere cioè a un vero e proprio calcolo che tenga conto sia della desiderabilità di un piacere, sia degli sforzi e dei sacrifici necessari per ottenerlo, non solo nel presente ma anche nel futuro. A volte conviene rinunciare a un piacere irnrnediato da cui conseguirà un danno ben maggiore; oppure, al contrario, conviene accettare un sacrificio che procurerà maggior piacere nel futuro. Senza dubbio é difficile seguire alla lettera il consiglio di Epicuro, quantificando numericamente stati diversi di soddisfazione; ciò che in realtà egli suggerisce con questo metodo é di non diventare schiavi dei propri desideri, rinunciando a una determinazione razionale del proprio comportamento. II calcolo deve garantire l'esercizio della prudenza, la difficile arte di evitare guai a se stessi, che Epicuro considera «il massimo bene», più apprezzabile della filosofia stessa.

La filosofia epicurea é quindi un sapere finalizzato che, sotto la guida della saggezza, insegna a pensare correttamente, non per raggiungere una qualsivoglia verità, ma per vivere bene, per abolire le paure immotivate ed essere felici massimizzando il piacere stabile. Sono obiettivi da perseguire in ogni fase della vita, come Epicuro spiega nella Lettera a Meneceo:

«Non indugi il giovane a filosofare, né il vecchio se ne stanchi. Nessuno mai é troppo giovane o troppo vecchio per la salute dell'anima. Chi dice che l'età del filosofare non é ancora giunta o é già trascorsa, é corne se dicesse che non é ancora giunta o é già trascorsa l’età per la felicità».


Epicuro condanna la partecipazione alla vita politica. Analogamente a quanto sostiene per la religione, pensa che la politica si fondi non su un rapporto armonioso, ma sulla paura nei confronti dei potenti. Anche questi ultimi cercano ricchezza e potere solo per liberarsi dalla paura degli altri. Perciò il suggerimento di Epicuro é: «Vivi nascosto. Ritirati in te stesso, soprattutto quando sei costretto a stare fra la folla». In questo quadro, l'amicizia rappresenta l'unico possibile legame sociale per un uomo che non si riconosce più come cittadino, ma come semplice individuo. E’ insomma l'unico rapporto sociale non pericoloso e veramente libero. Una bella massima di Epicuro dice: «L’amicizia sorvola la terra, annunziando a tutti di svegliarci per darci gioia l'un l'altro». E una testimonianza della importanza particolare che egli assegna a questo sentimento. Anche gli stoici convengono sul valore dell'amicizia, ma solo per gli epicurei essa diviene un caposaldo fondamentale della vita del saggio. Per realizzare questo ideale di vita, Epicuro considera necessario che i suoi seguaci decidano di rompere i legami che li legano alle famiglie e alla società, scegliendo invece di vivere nel Giardino, una comunità strutturata in modo molto particolare ed originale, ben diversa dalle altre scuole filosofiche. Dominata dalla figura indiscussa del Maestro, la vita nel Giardino non prevede dibattiti filosofici e non stimola affatto la ricerca intellettuale su problemi teoretici o speculativi. Cerca invece di realizzare in concreto la possibilità di una vita serena, ricorrendo alle Massime del Maestro (da imparare a memoria) o ai suoi privati consigli per ogni necessità spirituale.

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