Lezione 3 - Cusano, Ficino, Pico e Telesio.

 Classi 4° A/B/C Linguistico - Lez. 3

Cusano e il neoplatonismo.


Niccolò Krebs (1401-1464), è detto «il Cusano» dal luogo di nascita, il villaggio di Cues in prossimità di Treviri, in Germania, in cui nasce, ma conduce la maggior parte dei suoi studi e della sua vita in Italia (muore a Todi).

Influente membro della Chiesa, (vescovo, cardinale e ambasciatore papale), Cusano sviluppa però il proprio pensiero ricercando una mediazione tra il platonismo e la dottrina cattolica, partecipando in modo attivo al dibattito culturale dell'epoca. 

Partendo dall'analisi delle reali possibilità conoscitive umane, Cusano distingue tra ciò che è noto e ciò che l'uomo non conosce, affermando che, dal confronto tra conoscenza divina e conoscenza umana, emerge che la conoscenza divina, cioè la verità, è infinita, mentre quella umana è limitata.

Tale confronto permette a Cusano di introdurre la nozione di «dotta ignoranza» e di dire che l'uomo, naturalmente impossibilitato nell'avere una conoscenza completa ed esaustiva come quella divina, dev'essere consapevole della propria limitatezza conoscitiva, della propria “finitudine”.

Il riferimento all'ignoranza socratica, al sapere di non sapere, non porta però Cusano a sviluppare un atteggiamento di sconfitta o di significato deteriore circa le possibilità conoscitive umane, ma anzi ad esaltare l'uomo e la sua insaziabile sete di conoscenza.

Il desiderio connaturato dell'uomo di conoscere sempre di più e meglio, non soltanto è un elogio della paziente ricerca dell'uomo, che lo avvicina progressivamente alla conoscenza divina, alla verità perfetta, ma anche della sua capacità di forgiare in modo flessibile la realtà che lo circonda.

Il carattere ipotetico e progressivo, peculiare del sapere umano, non rappresenta un aspetto deteriore di tale sapere, ma anzi ne è un aspetto distintivo, teso com'è Cusano a sottolineare il valore di una conoscenza costruita dall'uomo con pazienza e sacrificio, generazione dopo generazione, e non stabile e data una volta per tutte, come quella divina

L'ignoranza, esaltata da Cusano, non è il rifiuto di apprendere della gente comune quindi, ma la consapevolezza che le potenzialità conoscitive umane di coloro che aspirano al sapere sono illimitate, potenzialità infinite, ancora non totalmente espresse, ma senza limiti.

Cusano esalta quindi l'uomo che, consapevole della sua fragilità, non rinuncia al proprio bisogno intellettuale di comprendere la realtà in termini razionali, e per raggiungere tale obiettivo, nessun prezzo è troppo alto da pagare, nessuna impresa è troppo rischiosa da intraprendere.

Dante, nella sua Divina Commedia, raffigura la insaziabile sete di conoscenza umana, nella figura di Ulisse che racconta le varie sue peripezie, vissute dopo la presa di Troia e il suo ritorno a Itaca, la sua casa; ma la voglia di avventura e di conoscenza lo spingono di nuovo ad abbandonare il suo regno, la moglie Penelope e i figli, per riprendere il proprio viaggio di avventure e di pericoli, spinto dall'ansia per l'ignoto. Nel canto XXVI dell'Inferno lo stesso Ulisse dirà a Dante e a Virgilio, la sua guida, che «Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza» (XXVI, 118-120).

Cusano quindi esalta la capacità umana di differenziarsi dalla bruta animalità per ricercare la verità e la conoscenza, perché è un bisogno connaturato all'uomo: come un poligono inscritto all'interno di un cerchio che, per quanti lati abbia, non coinciderà mai con la circonferenza, così la conoscenza umana tende all'infinito a coincidere con quella divina, ma non potrà mai raggiungerla compiutamente: ma è in questo tentativo, in questa progressione all'infinito che non avrà mai fine, che risiede la grandezza dell'uomo.

Dal punto di vista cosmologico Cusano anticipa importanti concetti propri della rivoluzione copernicana: egli nega il geocentrismo, afferma l'infinità dell'universo e dei mondi, supera il dualismo del sistema aristotelico-tolemaico sostenendo l'omogeneità fra la Terra e i corpi celesti e ritiene che l'universo sia pieno di forme di vita diverse da quelle conosciute.

Tutte queste concezioni Cusano le associa ad una dottrina teologica fortemente caratterizzata da elementi platonici che fanno di Cusano il principale rappresentante del platonismo rinascimentale.  

Secondo Cusano Dio comprende in sé tutto l'universo, pur non identificandosi con esso. L'universo non può avere in sé nulla che non sia già in Dio, che rappresenta la totalità, ma nell'universo la realtà divina si spazializza nelle forme della pluralità: l'unità diventa molteplicità, secondo uno schema matematico che, riprendendo il Timeo platonico, Cusano considera come struttura dell'universo.

Il rapporto tra Dio e l'universo viene spiegato da Cusano con i concetti di complicatio ed explicatio.

Il termine complicare significa letteralmente “piegare insieme”, come quando un fazzoletto si piega in modo che le diverse parti si sovrappongono e coincidono tra loro.

In Dio tutte le cose ritornano all'unità. Egli è la complicatio dell'universo. Reciprocamente, Dio si spazializza e si manifesta nell'universo, che ne costituisce la sua explicatio.

Se l'universo è explicatio di Dio, deve conservarne gli attributi. Da queste premesse, Cusano deriva la concezione innovativa dell'universo, la nuova cosmologia, costruita per via deduttiva.

L'universo risulta quindi essere infinito come Dio, e come tale non ha un centro, né è ammissibile la sfera delle stelle fisse, intesa come limite dell'universo. Soltanto Dio, in quanto principio dell'universo, ne è il centro e il limite: l'universo avrà il suo centro dovunque e la sua circonferenza in ogni luogo, perché il suo centro e la sua circonferenza sono in Dio, che è dovunque e in nessun luogo. Cusano afferma che la Terra è una stella in cui abitano gli uomini: ogni altra stella è un mondo con i suoi abitanti di cui non possiamo sapere mai nulla.

Come Dio crea le cose, la mente umana crea gli oggetti della propria conoscenza, in particolare gli enti matematici che permettono di interpretare l'esperienza e dare un significato razionale ai dati della sensazione. L'uomo conosce razionalmente la realtà secondo Cusano solo quando ne può individuare i rapporti matematici, usando concetti (punto, linea, angolo, figura geometrica) che l'uomo stesso ha creato. Ciò rende l'uomo simile a Dio: Cusano considera la nuova cosmologia e la centralità dell'uomo come aspetti tra loro complementari e fondamentali del proprio pensiero.

La struttura dell'universo è quindi matematica, poiché Dio ha compiuto la creazione della realtà secondo modelli matematici; ma anche l'uomo è in grado di creare enti matematici: ciò fa si che si crei un'isomorfismo tra la realtà che l'uomo vuole conoscere e la mente umana. L'uomo diventa così creatore della conoscenza, come Dio lo è della realtà.

Ma la conoscenza matematica, creata dall'uomo, non è mai certa, ma è ipotetica, a differenza di quella contenuta nella realtà, che è certa.

Cusano poi individua una struttura gerarchica dell'universo, distinguendo quattro diverse unità: Dio, l'intelligenza, la ragione o anima, il solido o corpo. L'uomo occupa la posizione mediana: con l'intelletto conosce le idee, ma con il corpo si conoscono le cose, tramite la sensazione.

Cusano però sottolinea come i sensi, da soli, non danno la conoscenza della realtà, che deriva dagli enti matematici costruiti dalla mente umana, ma forniscono il materiale su cui l'intelletto applica tali rapporti matematici. La teoria della conoscenza di Cusano è di carattere razionalistica, anche se i sensi svolgono un ruolo importante dovuto ai limiti propri della natura umana.


Il neoplatonismo: Ficino e le dottrine ermetiche.


In Italia l'esponente più importante del neoplatonismo è sicuramente Marsilio Ficino (1433-1499). Se Cusano rimane abbastanza lontano dal dibattito culturale italiano e le sue opere non hanno in Italia grande diffusione, Ficino, invece, raccoglie spunti ed idee tipiche della filosofia rinascimentale italiana, che erano in gran parte estranee al pensiero di Cusano: il riferimento a fonti non esclusivamente riferite al neoplatonismo cristiano o al platonismo antico, come il pensiero ermetico.

L'Ermetismo, si rifà alla figura mitica di Ermete Trismegisto (dal greco tre volte grandissimo), a cui venivano attribuiti una raccolta di scritti, di provenienza alessandrina, che si facevano risalire al II sec. d. C. Si trattava di un personaggio assai discusso che, si credeva, avesse donato agli uomini la conoscenza dell'arte della scrittura. Il mosaico, ancora esistente, nel Duomo di Siena, lo raffigura mentre dona la conoscenza agli uomini. Nei suoi scritti, in cui confluiscono sia tracce della dottrina orfico-pitagorica, che legata alla gnosi (dottrina che esaspera il dualismo tra bene e male, tra spirito e materia, e basata sull'idea che l'illuminazione divina sia destinata a pochi seguaci eletti), Ermete raccoglie gli influssi platonici e delle filosofie orientali, dando origine ad una dottrina segreta, destinata solo a pochi iniziati. Su tale personaggio aleggia un'aria di esoterismo e di misticismo: Ermete Triplex, come spesso era chiamato, in quanto re, profeta e filosofo, grazie ai suoi scritti, di cui il più famoso è la Tavola Smeraldina, tutt'ora studiata all'interno di molte associazioni, come la Massoneria ad es., viene considerato il padre e fondatore dell'alchimia, antenata dell'odierna Chimica e di altre scienze attuali. La fusione della tradizione religiosa egizia con i riti misterici greci, uniti agli sviluppi di diverse filosofie orientali, fanno di questo personaggio, probabilmente mai veramente esistito, il depositario di un sapere magico e religioso che non poteva non suscitare curiosità ed interesse in un filosofo rinascimentale quale Ficino.

Nell'Accademia platonica fiorentina, istituita nel 1462 nella villa di Careggi, offertagli da Cosimo il Vecchio de' Medici, Ficino traduce in latino l'intera opera di Platone, ma anche le Enneadi di Plotino e altre opere di vari filosofi.

Nei suoi aspetti principali, la filosofia di Ficino si rifà in modo esplicito al neoplatonismo di Plotino. Secondo Ficino la realtà metafisica si suddivide in cinque ipostasi, o essenze metafisiche, che sono disposte in modo gerarchico dal livello più basso, sino al vertice della gerarchia: al vertice c'è Dio, segue poi la natura angelica, al terzo posto c'è l'anima, poi si ha la qualità (cioè la forma aristotelica), e infine il corpo.

Da Dio procedono tutte le altre ipostasi, che sono create e non emanate, mediante la libera scelta di Dio, che produce gli altri gradi dell'essere per un semplice atto d'amore.

La creazione procede però dall'interno, per cui Dio, pur essendo trascendente, si manifesta nel mondo e attraverso il mondo.

L'ordine gerarchico, individuato da Ficino, è influenzato dal rapporto tra unità e molteplicità: l'unità senza molteplicità per eccellenza è Dio, la molteplicità senza unità è rappresentata dal corpo. La qualità, o forma, che conferisce unità al corpo, muove dal molteplice, mentre nell'anima prevale invece l'unità. La natura angelica è invece l'unità dello spirito, senza corpo, moltiplicata e molteplice. Negli angeli, infatti, non ci sono individui della stessa specie, ma esistono diverse specie angeliche, richiamando la nozione neoplatonica dell'intelletto in cui ogni idea è unica, ma esso è formato da più idee. In Dio invece non esiste né molteplicità, né pluralità, ma solo unità assoluta.

L'anima è considerata da Ficino il principio razionale della realtà che la regolamenta è che le da vita.

Ma l'anima non è presente solo nell'uomo, ma anche del mondo e del cosmo, perché tutto è regolato secondo leggi razionali e orientato verso uno scopo. L'anima del mondo plasma la natura dall'interno, natura che è razionale e viva in ogni sua parte, anche nelle componenti apparentemente inanimate. Ficino fa della propria filosofia un'esaltazione della natura, quale organismo vivente, affermando che ogni essere, pur possedendo una propria razionalità, non possiede un'anima individuale, ma sia plasmato dall'anima universale. Se ciascuno dei quattro elementi naturali possiede una propria anima, così come le sfere celesti, solo gli animali, però, ne possiedono una individuale, in quanto dotati di libero movimento rispetto agli elementi naturali che li compongono.

Ma solo l'uomo possiede il massimo livello di razionalità, mentre tutte le altre anime, compresa quella della terra, possiedono livelli di razionalità via via ascendenti, sino a raggiungere il culmine nell'uomo.

Per Ficino quindi il mondo è un unico grande animale, un unico essere animato, in cui ogni organismo è legato da una stretta interdipendenza con gli altri. L'anima, presente in ogni essere, permette ad ogni essere di comunicare con gli altri, è fonte di movimento e di vita, e presiede ai cambiamenti delle realtà soggette al divenire. Anche Dio e l'intelletto, per quanto non soggetti al cambiamento, partecipano alla formazione del mondo, dando vita ad un insieme organizzato e razionale. La visione di Ficino può essere definita come «organicismo dinamico», dove il mondo riceve unità e coerenza da Dio, le varie parti sono connesse tra loro grazie alle idee, e l'intera realtà riceve vitalità e dinamismo dall'anima.

Poiché i gradi superiori sono immobili e non potrebbero mai congiungersi con la materia, secondo Ficino è necessario un tramite che permetta di mettere in relazione la natura da un lato con la materia, dall'altro con Dio e le nature superiori. Tale tramite è l'anima razionale, quella umana in particolare che, congiungendo ragione e sensibilità, rappresenta il punto di congiunzione tra spirituale e materiale.

L'anima si trova così in posizione mediana, all'interno della gerarchia delle ipostasi, quale essenza intermedia, è il centro dell'essere, la «copula mundi».

L'anima, come essenza intermedia, partecipa della natura di tutte le cose, è insieme divisibile e indivisibile, si mescola con le cose mortali, ma essa è immortale, possiede in sé l'immagine delle cose divine, ma da anche la forma a quelle inferiori. Grazie a tali sue capacità, l'anima congiunge i diversi gradi dell'universo, unificando la realtà. Se l'anima di cui parla Ficino è sopratutto l'anima del mondo, il ruolo fondamentale è assegnato all'anima dell'uomo, che riassume la fusione tra ragione e istinto, tra natura angelica e materia. Tale ruolo di tramite, attribuito all'anima umana, pone l'uomo al centro dell'universo, in una posizione unica e privilegiata, che pone l'uomo al vertice tra tutte le creature.


Pico della Mirandola e la dignità dell'uomo.


 Pico della Mirandola (1463-1494), famoso studioso e filosofo dalla memoria prodigiosa, tenta la conciliazione tra fedi e religioni diverse, invitando a Firenze nel 1486 i maggiori esponenti e studiosi del tempo delle varie scuole filosofiche. Questo tentativo, fallito a causa dell'ostilità papale, scrive e diffonde novecento tesi, col titolo Conclusioni filosofiche, cabalistiche e teologiche, introdotte da una introduzione intitolata Discorso sulla dignità dell'uomo (De hominis dignitate),  Secondo Pico ciò che distingue l'uomo dagli altri esseri, è la sua natura non definita: la natura angelica è razionale, e dunque sempre determinata dalla ragione; mentre la natura dell'animale è istintuale, in quanto l'animale è necessariamente dominato dall'istinto. L'uomo invece è libero, è lui a scegliere la strada che vuole seguire. Egli può infatti degenerare in ciò che è più basso e istintuale, o sollevarsi verso le nature superiori. L'uomo, quindi, secondo Pico, deve sempre essere consapevole di tale sua libertà, scegliendo di dominare le proprie passioni e di dedicarsi al perseguire la strada della conoscenza: solo così l'uomo può aspirare al bene superiore, alla fede, in quanto un'anima purificata e razionale, rappresenta il requisito essenziale per aspirare alla conoscenza delle cose divine. Egli afferma che diffondere la luce della filosofia naturale, nobilita l'uomo, ne magnifica la tolleranza e il rispetto verso punti di vista diversi dal proprio, ne esalta in profondo l'umanità.


La filosofia della natura di Bernardino Telesio.


Il proposito di Telesio è quello di spiegare e conoscere la natura secondo i suoi propri principi, cioè egli afferma che la natura funziona sulla base di leggi immanenti. È proprio tale intento che da il titolo alla sua opera più importante: De rerum natura iuxta propria principia (sulle cose della natura secondo i suoi stessi principi). 

I principi di tutte le cose sono secondo Telesio tre:

- la materia, che è il principio passivo e inerte, ma senza di essa, nessuna realtà può essere viva e determinata;

- il caldo, che è un principio attivo, in grado di dilatare i corpi e di dotarsi del movimento;

- il freddo, anch'esso principio attivo, in grado di produrre contrazione dei corpi e quiete, cioè assenza di movimento.

Il caldo e il freddo si riferiscono alle due polarità cosmiche, cioè il Sole e la Terra, il primo datore di luce e di calore, la seconda datrice di freddo e di stasi; entrambi i due principi interagiscono reciprocamente tra loro, e tale interazione permette di spiegare tutti i fenomeni osservabili, sia quelli inerenti al mondo fisico, sia quelli morali.

I tre principi, nel complesso, costituiscono la realtà, devono spiegare ogni fenomeno naturale e, in modo particolare, devono dar conto della sensibilità.

La capacità di sentire e di reagire da parte di alcuni esseri deve essere contenuta all'interno dei principi stessi, del caldo e del freddo, e non della materia, che è pura passività. Telesio afferma la sua concezione di pampsichismo: secondo lui tutte le cose hanno un'anima e sono capaci di sensazioni.

Secondo il filosofo anche la conoscenza è data dalle sensazioni. Telesio afferma un rigoroso sensismo che gli permette di ricondurre le idee alla sensazione. Tali idee sono il risultato di sensazioni ricordate e, per tale motivo, meno perfette e affidabili rispetto alle sensazioni, possibili fonti di errore.

Poiché infatti i sensi non possono mai ingannarci, mentre le idee si, in quanto i sensi mettono in contatto l'anima con le cose in modo diretto. Anche l'intelletto deve necessariamente rifarsi ai sensi e, quindi, ogni ragionamento deve essere riconducibile alla sensazione. Anche la conoscenza intellettiva è riconducibile al ricordo di sensazioni, come le idee, ciò la rende meno precisa e, poiché a volte può riferirsi a cose non percepite, la conoscenza intellettiva può indurre in errore.

Secondo Telesio la conoscenza intellettiva rappresenta la seconda scelta rispetto ai sensi, solo quando la strada sensibile non è facilmente percorribile, l'intelletto è preferibile all'esperienza diretta: il sensismo di Telesio è logicamente coerente e presente in ogni aspetto del reale.

Per Telesio anche la morale risulta essere regolata dai medesimi principi che regolano il mondo della natura.

Il fondamento della morale presenta la stessa necessità presente nella realtà fisica: poiché tutti gli esseri tendono alla propria conservazione e al proprio accrescimento, gli eventi che favoriscono tali processi producono una dilatazione dell'anima, che provoca una sensazione di calore e, di conseguenza, di piacere: per Telesio ciò corrisponde al bene.

Al contrario tutti quegli eventi che provocano negli esseri una contrazione dell'anima, con conseguente percezione di freddo e, di conseguenza, di dolore, rappresentano il male. Il bene e il male sono dunque per Telesio conseguenze della reazione dell'anima ad eventi esterni e hanno un fondamento del tutto naturale

Il comportamento umano quindi presenta la tendenza spontanea a ricercare il piacere e rifuggire il dolore e il ruolo della volontà umana si limita nel prediligere il piacere maggiore, anche se non è immediato a livello temporale, o la possibilità di rinunciare a un piacere più immediato, ma meno duraturo. Persino l'accettazione di un dolore diventa ammissibile, se fatta in vista di un piacere più grande nel futuro o per evitarne uno peggiore.

L'etica di Telesio è descrittiva, in quanto non dice all'uomo come deve comportarsi, come nelle etiche prescrittive, che comandano come si deve agire o non agire (nel cristianesimo ad es. non rubare o non uccidere; o nella filosofia platonica e aristotelica che dicono cosa bisogna fare per essere virtuosi).

L'etica di Telesio invece si limita a descrivere il comportamento dell'uomo e a non esprimere giudizi in merito o comandi da seguire.

Telesio non condivide, come altri filosofi, il fatto che l'uomo possieda il libero arbitrio, cioè la possibilità di scegliere liberamente come agire e di decidere del proprio destino, ma pensa che l'uomo agisca sulla base di leggi necessarie che l'uomo stesso non può controllare: ciò significa che non ha alcun senso dire all'uomo come deve comportarsi, visto che non può scegliere liberamente, ecco perché Telesio si limita a descrivere i comportamenti umani, senza alcuna volontà di modificarli.

L'analisi etica di Telesio è totalmente naturalistica e descrittiva ed esclude ogni finalismo o intervento soprannaturale. La stessa anima per Telesio è mortale. Ma il filosofo introduce il concetto di forma superaddita, un'anima immortale, che unisce direttamente Dio agli esseri umani.

Il dubbio che Telesio abbia aggiunto alla sua filosofia la nozione di un'anima immortale per evitare problemi con l'Inquisizione cattolica, che ovviamente non avrebbe tollerato la concezione di un'anima mortale, è riscontrabile dall'estranietà di tale concetto rispetto alle idee del suo sistema.

Il fatto stesso che Telesio non utilizzi mai la forma superaddita per spiegare il comportamento umano o la morale, lasciano aperto il problema dell'interpretazione da darsi a questa svolta.

Telesio, infatti, durante la sua vita non subirà alcun tipo di persecuzione, ma sarà anzi sponsorizzato da papa Gregorio XIII. Soltanto dopo la sua morte, le opere di Telesio verranno messe all'indice a dimostrazione che la gerarchia ecclesiastica capisce soltanto in seguito la pericolosità del pensiero di Telesio per la salvaguardia delle credenze di stampo tradizionale.

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